- Come un parroco scoprì il gioco della religione. -
Usualmente negli armadi si nascondono gli scheletri, i mostri o gli amanti.
Egli vive negli armadi, e, in un certo qual modo, appartiene a tutte queste categorie insieme.
Non dimenticherò mai la notte in cui lo incontrai per la prima volta, poiché quell'incontro cambiò radicalmente la mia vita. Fu una notte di grandi mutamenti, di grande dolore ma anche di immenso guadagno. In quell'occasione persi una figlia, ma ottenni la libertà. Di tanto in tanto mi ritrovo ad odiarlo, Lucius, questo è il suo nome, lo odio con tutte le mie forze, ma poi mi rendo conto che questo non è altro che il riflesso del rancore che la mia coscienza tenta di rivolgere verso di lui, poiché so bene che la colpa della morte di Amelia è solo mia, e so altrettanto bene che anche lui sta soffrendo le mie stesse pene, il mio stesso dolore ed il mio stesso rimorso. Siamo compagni in questa crociata contro Dio e contro Satana, ma ognuno porta da se il fardello dei suoi patimenti, in rispettoso silenzio, la disperazione per le sue perdite, l'onta della responsabilità delle stesse, insieme ma terribilmente soli.
Un senso di imbarazzo ed inspiegabile malinconia mi assale ogni qualvolta ricordo com'era la mia vita prima di incontrare Lucius, quando mi ritrovo in mano qualche vecchio album di fotografie o, peggio, i miei dismessi paramenti sacri; è una strana sensazione che solletica il mio orgoglio, proprio come quando da ragazzo i tuoi genitori ti raccontano le frasi ingenue che pronunciavi da bambino o i capricci che facevi per qualche sciocchezza.
Ero il parroco della piccola comunità di A... , un uomo piatto e devoto che aveva consacrato la propria vita alla famiglia e ai dogmi della religione che rappresentava. Le certezze derivanti dal culto erano il potentissimo collante con il quale avevo impastato le solide fondamenta della mia misera esistenza, ma quello stesso collante aveva finito per cementare anche la mia mente, paralizzandola ed irrigidendola a tal punto da rovinare me stesso e coloro che mi circondavano. Avevo una figlia, Amelia, una bellissima ragazza piena di vita che avevo cresciuto nella devozione e nel rispetto, soffocandone il libero pensiero ed ogni slancio verso l'esistenza. Lucius è convinto che Amelia sia morta quella notte per colpa sua, ma in realtà la povera creatura era già deceduta dentro, il suo spirito era stato assassinato da me, suo padre, poiché io la indussi a commettere quel terribile atto...
Nonostante avessi fatto tutto ciò che era in mio potere per reprimere la mia figliola, il suo spirito vitale era talmente forte che la ragazza sprizzava gioia e serenità da tutti i pori anche senza manifestarla apertamente. Mia moglie morì dandola alla luce, pareva che venendo al mondo la giovane avesse ereditato anche la vita della madre; con la forza di entrambe ella tentava di allietare la mia triste dimora e la mia fredda esistenza, invano. Amelia era sempre stata sincera con me, non mi nascondeva mai nulla, e come ricompensa io non ho saputo darle altro che freddezza e angoscia, sermoni e dogmi, arroganza e senso di colpa; ricordo mestamente quando, alla precoce età di undici anni, mi si avvicinò spaventata confidandomi la sua prima mestruazione, ed io, invece di rassicurarla come una qualsiasi padre sano di mente avrebbe fatto, la sconvolsi raccontandole le mie menzogne riguardo il peccato originale ed il sanguigno marchio di Eva. La sua triste vita era iniziata con la morte di sua madre, ed i pochi anni che la separarono dalla sua stessa dipartita furono imbevuti nella morte mentale e spirituale inferta dalla mia ignoranza; oltre ad aver condotto la mia figlia al patibolo, ho fatto di tutto per rendere l'esiguo numero dei suoi giorni su questo mondo una tortura continua. Quando ripenso a quest'abominio disgustoso di cui mi sono macchiato, questo duplice delitto, vorrei solamente farla finita, ma mi rendo conto che questa sarebbe la soluzione più semplice, molto più facile che sopravvivere con il senso di colpa che mi rode da dentro. Il ridicolo dovere dell'espiazione è l'unica cosa che ho mantenuto dal vecchio credo, come se purgandomi in terra potessi salvarmi dal destino che mi attende dopo la morte... non è così che funziona, ora lo so. Anche per questo ho deciso di riporre il cappio e trascinare la mia miserabile esistenza con tutto il suo peso e le sue dolorose schegge, proprio come Cristo trascinò la sua croce sul Golgota. Perlomeno lui sapeva che sopra a quel monte lo attendeva una morte liberatoria, la dissoluzione di ogni sofferenza, mentre sulla cima del mio purgatorio potrebbe celarsi anche l'entrata dell'inferno stesso, non so mai se sto trascinando il mio dolore in salita o in discesa... Lucius, forse lui conosce la risposta, ma con me non condivide mai nulla più del necessario; come io ho mantenuto la mia vecchia abitudine della penitenza egli mantiene la sua discrezione nei confronti degli umani...
Tre settimane prima del suo sedicesimo compleanno, Amelia cambiò improvvisamente atteggiamento, perse tutta la sua vitalità, divenne silenziosa ed iniziò a mangiare poco, sembrava che qualcosa la preoccupasse, il suo aspetto stanco rivelava che il suo sonno era turbato o addirittura assente. Il fatto più bizzarro era che per ben due sabati di seguito ella aveva fatto in modo, con degli ingenui sotterfugi, di confessarsi con padre Johann e non con me. Non appena me ne resi conto, reagii nella maniera più sbagliata, infatti, invece di preoccuparmi per la sua salute iniziai a sospettare di lei; ero certo che mi stesse nascondendo qualcosa, perciò una sera la attesi al varco, durante la cena: «Amelia, tu mi nascondi qualche cosa», sentenziai con freddezza non appena iniziammo a mangiare. La sua reazione fu molto differente da come me la aspettavo, invece di mettersi sulla difensiva ella sembrò sollevata, come se stesse attendendo la mia domanda da lungo tempo:
«È vero, padre, ti chiedo perdono. Ma non mi sembrava opportuno disturbare la tua tranquillità per un fatto di scarsa importanza come questo...»
«Credo sia inutile ricordarti che oltre ad essere tuo padre io sono il tuo confessore sin da quando eri bambina, sai bene che non mi puoi nascondere nulla…»
«Infatti non l'ho mai fatto, padre...»
«Allora dimmi, perché ultimamente hai fatto in modo di confessarti con padre Johann?»
«Te l'ho detto, padre, non volevo caricarti di preoccupazioni che non ritenevo importanti, ma nel contempo non potevo saltare la mia confessione...»
«Lascia che sia io a giudicare cosa è importante e cosa no...»
«Beh, vedi, padre, da qualche tempo mi capita di fare uno strano sogno... un sogno... forse peccaminoso...»
«Basta così, Amelia, ho capito tutto - la interruppi bruscamente - Sono anche il confessore di altre tue coetanee e so benissimo a che tipo di sogni ti stai riferendo, sono visioni che nascono dai pensieri impuri che voi ragazzine vanesie e peccatrici fate durante il giorno, anche questo fa parte del fardello sanguigno di Eva!».
Quanta arroganza, quanta stupida certezza, quanta vanità nelle mie parole, nelle mie credenze! Ero convinto di aver capito tutto senza nemmeno prestare ascolto alle sue parole, ciò mi condusse alla rovina. Ella tentò timidamente di difendersi, mi lanciò un ultimo disperato grido d'aiuto, ma io non l'ascoltai, solo in seguito compresi il significato di quelle parole:
«Ma padre, tu lo sai che io non ho mai fatto pensieri impuri, ho già parlato con le altre ragazze di questi sogni, il mio è molto diverso dai loro, il mio è molto più... reale!»
«Questo significa soltanto che tu sei molto più peccatrice!», ribattei prima di mandarla in camera sua a pregare e chiedere perdono; stabilii che non si sarebbe più dovuto parlare di quell'argomento, nemmeno durante la confessione, e con questo firmai definitivamente la sua condanna a morte. Ella, ubbidiente, si sottomise al mio volere ed iniziò la sua penitenza senza reagire, ma il peso del fardello che stava portando parve aumentare sempre di più, fino alla notte del suo sedicesimo compleanno. Quella sera Amelia mi era parsa più sollevata, il suo sguardo era risoluto, come se fosse giunta ad una qualche conclusione, come se avesse preso una decisione; non appena ebbe finito di sparecchiare la cena chiese il permesso di ritirarsi nella sua stanza, senza dedicare un'ora alla lettura o al ricamo com'era solita fare. Dopo averglielo accordato, mi accomodai sulla mia poltrona ed iniziai a leggere il passo della Bibbia riguardo il quale dovevo preparare il mio sermone per la domenica seguente, ma mi addormentai. Fui svegliato da un suono terribile, che non saprei descrivere, ma che odo ancora nella mia mente, una sorta di grido disperato, che proveniva dalla stanza di Amelia. Ancora incerto se si trattasse di sogno o realtà mi diressi di corsa al piano superiore e, aperta la porta della camera, rimasi pietrificato: mia figlia giaceva riversa sul letto, in un bagno di sangue che sgorgava inarrestabile da due squarci nei polsi; sopra di lei una figura oscura, della quale riuscivo a scorgere solamente gli occhi, piangeva disperatamente, e le sue lacrime scorrevano copiose quanto il sangue della ragazza, mescolandosi con esso.
Egli era Lucius.
Non so esattamente cosa accadde in seguito, probabilmente persi i sensi, oppure fu lui a farmi svenire... Ricordo solamente che mi svegliai nuovamente sulla mia poltrona, e per un istante la speranza che tutto fosse stato solamente un terribile incubo mi diede sollievo, poi lo vidi, e la realtà mi ripiombò addosso con tutto il suo peso. Egli stava seduto di fronte a me, e teneva in mano la Bibbia, con lo sguardo perso nel vuoto; aveva l'aspetto di un giovinetto poco più che ventenne, il suo volto scarno ma ben fatto era incorniciato da riccioli neri, che facevano risaltare i suoi occhi di un turchese celestiale. Per qualche istante rimasi semplicemente a contemplare quella figura in silenzio, senza riuscire a muovere un muscolo o a proferire parola; avevo la sensazione di trovarmi davanti a qualcuno che non apparteneva a questo mondo. Rimanemmo a fissarci l'un l'altro per un lasso di tempo indefinito, entrambi desiderosi di parlare, ma entrambi ignari su come approcciarsi, poi egli ruppe il silenzio: «Mi chiamo Lucius – iniziò - Io sono... non so come spiegarlo, ogni parola sembra ridicola, ma ti prego, credimi... io sono un angelo». Qualunque persona sana di mente sarebbe scoppiato a ridere di fronte ad una simile confessione, io stesso, nonostante fervido credente, avrei immediatamente accusato di blasfemia chiunque avesse pronunciato quelle stesse parole in un'altra occasione, ma con lui fu diverso, non ci nulla da spiegare, nulla da capire, fu semplicemente... semplice. Io gli credetti, poiché lui era un angelo, nessuna magia, nessun inganno, fu come se un cane fosse venuto da me e mi avesse detto “sono un cane”; non fu la sua natura a stupirmi, ma il fatto che si fosse rivelato a me in quel modo. Fui invece io a stupire lui quando, senza mostrare nessun dubbio, gli chiesi semplicemente: «Perché?». Rimase incredulo per qualche istante, poi comprese, e così iniziò la mia liberazione: «Perché è probabilmente la migliore domanda che potessi pormi, ma per tentare di risponderti esaurientemente ho bisogno di una lunga narrazione...», disse sulla difensiva, come se si aspettasse che lo aggredissi da un momento all'altro. «Mia figlia si è appena tolta la vita, ed ora sto discutendo con un angelo… ho tutto il tempo per ascoltarti», sentenziai con una strana calma. «Molto bene, allora iniziamo dal principio... In principio io ero un angelo, un essere di luce, un servitore dell'onnipotente, più specificatamente un angelo custode... dovevo occuparmi della sorveglianza e della guida di un determinato essere umano attraverso tutta la sua vita. È per me oltremodo importante precisare che non tutti gli uomini hanno il privilegio di essere accompagnati da esseri di questo rango, come voi avete invece la presunzione di credere... solamente alcuni soggetti precedentemente selezionati dalla divina provvidenza, volendo utilizzare il termine con il quale mi fu esplicato il mio compito non appena fui creato, solamente ad essi è assegnato un sacro spirito guida.
Un nome ed un compito, nessun ulteriore chiarimento ricevetti alla mia nascita, la quale avvenne parecchi secoli dopo la grande battaglia tra il padre ed il figlio ribelle, la guerra che scagliò quest'ultimo nelle profondità infernali e sollevò ancor più il primo nel suo aureo regno laccato di superbia. Ma questa parte della storia la conosci già... Ebbi modo di scoprire il vero significato del termine "provvidenza divina" una volta che percorsi differenti strade, ma parlarne ora comprometterebbe l'organicità della mia narrazione, la quale sta già procedendo in maniera sin troppo confusionaria... In realtà i fatti da raccontare sarebbero così numerosi, i segreti così profondi, le verità così sconvolgenti, che nemmeno le pagine di un centinaio di sacre bibbie potrebbero contenerli, perciò ti chiedo anticipatamente venia se ti condurrò attraverso sentieri dei quali non potrai mai scorgere il termine, percorsi che saranno bruscamente interrotti e sostituiti da altri meno interessanti ma più adatti all'occhio umano al quale sono rivolte queste mie parole». Fui colpito dal fatto che avesse usato la parola “occhio” invece che “orecchio”, ma, avendo compreso il senso delle sue parole, ipotizzai semplicemente: «Questo significa “niente domande”, suppongo...».
«Esattamente. Oramai non faccio più parte del gioco, ma ci sono regole che non posso fare a meno di rispettare, obblighi provenienti dalle mie precedenti vite che fanno parte del mio essere... In questo sono molto simile a voi umani, suppongo... Sto divagando di nuovo...
Molte centinaia di anni trascorsero senza che alcuna cosa turbasse lo svolgimento della mia mansione, qualche decina di volti diversi che vidi nascere, svilupparsi e infine raggrinzirsi; a volte non riuscivo nemmeno a distinguere i vermi che divoravano il cadavere del mio ultimo assistito dai lembi di placenta che avvolgevano il corpicino nascente del successivo, tanto bruschi e indifferenti erano per me i passaggi dall'uno all'altro. Poi, un giorno, arrivò lei, Berenice, la donna che per prima mi aprì gli occhi e il cuore.
Mi apprestavo, in quel tempo, ad incominciare il mio quarantaduesimo incarico; l'esperienza accumulata, insieme ai meriti, condussero le alte sfere a decidere che mi occupassi di un umano dal destino molto speciale, destino che naturalmente non mi fu rivelato.
Ella nacque in una piccola capanna in un paese molto caldo, e crebbe spensierata senza mai incorrere in pericoli o crucci, poiché io, il suo angelo custode, la sorvegliavo senza interruzione di continuità. Mi avevano messo in guardia nei confronti di un aspetto in particolare: dovevo tenere la giovane Berenice a debita distanza da qualsiasi rappresentante del sesso opposto; ella non doveva perdere la sua purezza, perché ciò avrebbe indelebilmente macchiato il destino che le era stato riservato; si potrà quindi ben immaginare lo sgomento che provai non appena mi accorsi che nel suo cuoricino di giovane donna stava germogliando un sentimento verso un ragazzo suo coetaneo, attitudine che era gradita e incoraggiata dai suoi genitori. Ma non era solamente la dedizione verso la mia mansione che mi allarmò in quel momento, v'era anche una strana sensazione che mi ritrovai improvvisamente nel cuore, un sentimento fino a quel momento del tutto sconosciuto e che dovrebbe essere alieno alla purezza di un angelo... era forse gelosia quella sorta di fredda lama che attraversava il mio spirito ogni qualvolta Berenice rivolgeva i suoi casti pensieri al volto dell’amato? Come di tanto in tanto accade nel cuore dei giovani che non conoscono l’amore, fu necessario questo sentimento negativo per portare alla luce anche l'altro sentimento suo fratello, l’amore. Ignorante delle passioni umane, avevo interpretato questo mio peculiare attaccamento alla mia prescelta come un semplice eccesso di zelo dovuto all’importanza del compito, ma più la fanciulla si addentrava nella scoperta di questo dolce sentimento, più imparavo a conoscerlo insieme a lei, io che avevo centinaia di anni sulle spalle, per la prima volta imparavo ad amare insieme ad una giovinetta, l’oggetto della mia incontrollabile passione.
Era per me oramai pressoché impossibile proseguire nel mio compito, poiché la mia abituale razionalità e lucidità erano piacevolmente offuscate da questo nuovo sentimento, e l'inesperienza nel gestirlo mi portava e farmi totalmente sopraffare da esso. Un essere nato nel regno dei cieli dovrebbe essere composto totalmente d’amore, perciò non riuscivo a spiegarmi quale fosse effettivamente la differenza tra quel tipo di sentimento al quale ero assuefatto e questa nuova rosa che stava sbocciando dentro di me. La differenza era una sola, e la scoprii molto presto, la differenza era la passione».
Sembrava che Lucius si fosse oramai scordato della mia presenza e stesse rivivendo questi ricordi mentre li narrava, e, nel momento esatto in cui egli perse il contatto con la realtà per immergersi nel passato, io stesso fui proiettato all'interno della sua visione, sicché riuscii miracolosamente a vedere insieme a lui tutto ciò ch'egli mi raccontava:
«Di giorno in giorno i sentimenti della ragazza nei confronti del suo amato crescevano, ed erano ricambiati, i genitori dei giovani decisero quindi di dare la loro benedizione affinché i due si fidanzassero. Solitamente avrei raggirato con facilità un imprevisto così pericoloso prima che questo rischiasse di compromettere il mio compito, ma in quel caso non feci nulla per evitarlo, poiché avevo iniziato ad ignorare deliberatamente questo aspetto della vita della fanciulla che mi causava un'ingestibile sofferenza: dopo i primi assaggi di amarezza, infatti, la gelosia iniziò ad ardere pienamente dentro di me, tanto che non potevo quasi più osservare la mia protetta poiché oramai ella pensava esclusivamente al suo futuro sposo.
Quanto è vero che i primi sentimenti provati da un cuore ancora nuovo all’uso sono quelli che lasciano i segni più profondi nell'organo ancora fresco e morbido, differente da quello coriaceo e pieno di ferite di un uomo che tanto ha vissuto e sentito. Il mio unico pensiero era di farla mia, liberarla dal fardello della sua vita mortale e condurla nell’incommensurabile letizia della reciproca contemplazione, nei secoli dei secoli; naturalmente non mi sarei mai azzardato a compiere un atto così apertamente avverso alle sacre norme dei rapporti tra cielo e terra, perciò iniziai a provare una sorta di dicotomia dell’essere, una lacerante divisione tra desideri opposti i quali mi appartenevano e mi tormentavano con la medesima intensità. Da un lato la mia natura angelica mi portava spontaneamente a servire il mio creatore, ad essere prolungamento del suo braccio, il mio amore verso di lui era la forza che mi manteneva in vita giorno per giorno. Dalla parte opposta un desiderio di medesima intensità mi trascinava verso il basso, verso quella terra che ospitava la mia amata, in un perenne anelito verso di lei, ed il dubbio che forse dalla contemplazione della sua anima eterea avrei potuto trarre abbastanza gioia da potermi staccare dal Padre era molto vicino, ma non ancora del tutto formato. La mia coscienza era in quel periodo così offuscata che non mi sorse nemmeno il timore che i miei sentimenti fossero scoperti da mio padre, il quale, essendo io parte stessa del suo essere, avrebbe dovuto immediatamente accorgersi del radicale mutamento che stava accadendo in me; una volta che mi fui ripreso da questo stato di torpore, qualche tempo più tardi, l’accaduto mi fu utile per rendermi conto che in realtà noi angeli siamo sì parte effettiva dell’essenza del padre, ma certamente non il prolungamento del suo braccio, piuttosto minuscoli pori della pelle, i quali sono totalmente ignorati fino a che non causano qualche malanno che vada ad interferire con delle parti più importanti dell’organismo.
Protetto da questo manto di noncuranza e reso intrepido dalla totale assenza di razionalità, decisi di ricorrere ad una soluzione estrema per mettere fine alla relazione tra i due innamorati, compiendo un atto per il quale solitamente è necessario l’esplicito permesso delle alte sfere del Paradiso.
Vi sono quattro gradi di intervento di cui noi creature ultraterrene possiamo servirci per guidare gli uomini; tanto più la situazione è grave tanto più in alto possiamo spingerci nella scala: il primo, quello più comune, comprende le sensazioni, piccole scosse emotive che vi lanciamo per incoraggiarvi a seguire una determinata strada; il secondo comprende i sogni, campo molto ambiguo e rischioso, regno di tutti e di nessuno, in cui si può intervenire solamente in casi particolari; esso stesso è suddiviso in gradi, dal sogno generico alla vera e propria apparizione onirica. Il terzo comprende i segni, cioè l’intervento diretto sulla realtà, anch’esso si sviluppa dal più celato a quello più esplicito. La differenza tra il secondo ed il terzo grado consiste fondamentalmente nel fatto che alcuni possono non credere nei sogni rivelatori, fatto molto personale, ma praticamente nessuno può ignorare qualche cosa che accade nella realtà, qualcosa che può essere visto e toccato da lui stesso e da altre persone. Il quarto grado, quello al quale si ricorre solamente nei casi di emergenza, riguarda le rivelazioni, interventi sovrannaturali comunemente conosciuti con il nome di “miracoli”. In realtà questo appellativo non è del tutto corretto, poiché porta con se un’accezione pateticamente plateale, quando in realtà non sempre la rivelazione avviene in maniera che tutti gli umani ne prendano coscienza, ma questo concerne una sfumatura oscura della faccenda, che va ad infrangere il principio di libero arbitrio quasi nella totalità dei casi. Proprio a questo mezzo estremo avevo deciso di ricorrere, per giunta in una delle sue forme più gravi, la possessione. Certamente avrai sentito questo termine utilizzato solamente nell'ambito del maligno, ma non solo i demoni sono in grado di entrare nei corpi dei mortali, infatti in quel caso, spinto dalla più nera disperazione, compii lo sprovveduto atto di introdurmi nel corpo del futuro sposo di Berenice, il giorno antecedente alle loro nozze. Una volta che penetrai all’interno del giovane, ebbi modo di rendermi conto di quanto effettivamente egli amasse la sua fidanzata, e questa constatazione aggiunse un nuovo sgradevole sentimento alla già insostenibile gelosia, un tremendo senso di colpa che riuscivo a scacciare solamente pensando al volto della mia amata; ma anche questa immagine non riusciva a tranquillizzarmi del tutto, poiché generava una strana sensazione che non conoscevo minimamente, qualcosa che nella mia forma eterea non sarei stato nemmeno in grado di provare; purtroppo in quel momento non diedi molta importanza al fatto e mi diressi verso l’abitazione di Berenice, spinto da un doppio anelito amoroso, il mio e quello del corpo di cui mi stavo servendo. Una volta che ebbi l’oggetto dei miei desideri davanti agli occhi, quando le sue meravigliose fattezze si riflessero sulla pupilla adoratrice, l’arcana sensazione che avevo provato poco prima si amplificò esponenzialmente, offuscando tanto la mia mente quanto quella del mio ospite. Come può un essere puramente spirituale comprendere e dominare senza adeguata preparazione la bruciante passione che divora il corpo degli uomini? Era proprio quello il motivo per cui la tecnica di possessione era severamente proibita senza esplicito permesso, poiché nessun essere celeste può gestire una sensazione così travolgente, così devastante da accecare la coscienza e l’anima stessa senza adeguata preparazione; mi ritrovai, infatti, posseduto a mia volta da questa sorta di potentissimo stupefacente, tanto che un istante dopo aver messo piede nella stanza già stringevo la mia amata con le braccia del suo promesso sposo. La casta fanciulla oppose una leggera resistenza ai miei baci, ma il fatto che le nozze fossero imminenti la fecero infine cedere, e quella notte conoscemmo entrambi per la prima volta le gioie della carne, insieme perdemmo la nostra purezza nel disarmante turbine della passione.
Non mi dilungherò sulle conseguenze specifiche che questo mio atto causò, ti basti sapere che la mia protetta era stata scelta per divenire la madre vergine dell’incarnazione terrena dell’onnipotente; Berenice era colei che avrebbe dovuto dare alla luce il figlio di Dio, ma la perdita della sua virtù la escluse immediatamente dal ruolo, il quale come ben sai fu assegnato in seguito ad una certa Myriam di Nazaret...
Venni cacciato dal paradiso, le mie ali furono spezzate e caddi nelle viscere della terra, tra i miei nuovi compagni, i ribelli. Da essi mi aspettavo un trattamento severo, ma la storia della mia impresa era già ampiamente echeggiata nelle gole infernali, e fui accolto come un eroe, poiché avevo sabotato un piano del nemico dall’interno del suo stesso esercito. Mi fu attribuito il titolo di duca infernale, governatore di trenta legioni demoniache, e, soprattutto, fui posto al servizio di un demone molto potente, Pruslas, il quale aveva l’onore di rispondere direttamente a Lucifero stesso; egli collaborava col Maligno nella seduzione delle donne, conducendole sulla via della lussuria. Fu in quel periodo che iniziai la mia vita all’interno degli armadi, un'altra abitudine che non ho ancora perso... Il mio compito era piuttosto semplice, mi trasferivo nella suddetta suppellettile all’interno della stanza da letto della prescelta, ed ogni notte dovevo apparirle in sogno assumendo le fattezze con le quali in seguito il mio padrone si sarebbe presentato a lei nella realtà, con lo scopo di sedurla. Naturalmente la natura degli incontri onirici doveva essere più che mai licenziosa, in modo da imprimere indelebilmente il volto nella mente della donna, facendo cadere così ogni resistenza che la poveretta avrebbe posto una volta che avesse incontrato l’uomo che invadeva i suoi sogni in maniera sì piacevole...».
A quel punto la visione si fece meno nitida, ed ad un tratto ci ritrovammo entrambi coscienti nel mio salotto. Lucius si era reso conto che qualcosa nella sua narrazione aveva turbato il mio animo, una sorta di rancore, così si affrettò a specificare: «Non è come pensi, non è questo ciò che stavo facendo a tua figlia. Ho abbandonato quel compito da lunghissimo tempo oramai, ti prego lascia che termini il mio racconto, così capirai». A quel punto pronunciai una frase della quale mi vergognai immediatamente, conscio della mia stupidità: «Spero per te che tu stia dicendo la verità, sappi che ho studiato esorcismo, e se ti rivelerai un diavolo tentatore ti rispedirò all'inferno da dove sei venuto». Per fortuna Lucius ignorò questo mio sproloquio e riprese la sua narrazione; pareva che avesse un gran bisogno di raccontare a qualcuno la sua storia, come se avesse desiderato farlo da moltissimo tempo, e l'ardore con cui ricominciò a parlare ci trascinò nuovamente in quella sorta di visione empatica:
«Mi abituai molto in fretta al mio nuovo ruolo, il quale, dopotutto, non era poi molto differente dal precedente, si trattava pur sempre di prendersi cura di un umano, inoltre, essendo stato un angelo custode, sapevo esattamente come raggirare i trucchi dei miei vecchi compagni che tentavano di proteggere le mie vittime, le quali non erano mai scelte casualmente. I miei servigi soddisfacevano a tal punto il mio padrone che anche dalla parte opposta della partita divenni uno dei migliori giocatori, una vera leggenda, ma evidentemente era scritto nelle trame del destino, quell’immenso tessuto che sovrasta tanto gli uomini quanto le divinità, che una volta inserito all’interno di un sistema io dovessi a tutti i costi sconvolgerlo.
Erano trascorsi oramai quasi otto secoli dalla mia caduta, ma, soprattutto, dalla prima ed unica volta in cui mi ero innamorato, per tutto quel tempo non avevo più provato nulla di simile. Completamente assorbito dalla mia nuova natura maligna, non temevo l’insorgere del nobile sentimento amoroso più di quanto come angelo temessi di essere rapito dalla lussuria, ed esattamente come in quel caso, la mia noncuranza mi lasciò del tutto impreparato a ciò che stava per accadermi. Elizabeth, fu lei la seconda, ella mi colse ancora più impreparato: totalmente differente nell'aspetto e nei modi rispetto Berenice, ella era, però, altrettanto stupenda, dalla pelle diafana e la chioma purpurea, viveva rilegata nella villa della sua famiglia in Inghilterra. Nonostante il mio nuovo “datore di lavoro” fosse molto meno discreto rispetto al precedente, in quell'occasione non mi fu rivelato nulla riguardo la motivazione del mio incarico, solamente il fatto che l'anima della donna aveva un'estrema importanza nel gioco delle due parti. Ero oltremodo certo che uno dei più potenti demoni dell'inferno quale io ero non potesse farsi commuovere da nessun essere umano, in effetti avevo rovinato ragazze innocenti che vivevano in condizioni molto più miserevoli senza mai battere ciglio; ma con lei fu differente, e, come la volta precedente, non vi fu un perché.
Se c'è una cosa per cui devo ringraziare il mio creatore è l'avermi instillato la capacità di non chiedere mai il perché delle cose, se lo facessi finirei certamente per impazzire... Le mie parole avranno sollevato in te un'infinità di dubbi, e le mie risposte non sarebbero mai sufficienti a soddisfarti, e quell'unico quesito che mi hai posto, quel terrificante “perché?”, è l'unica domanda alla quale io non so risponderti, l'unica domanda alla quale nemmeno Loro saprebbero rispondere, l'unica domanda che è meglio non porsi mai.
Affrontai quell'incarico con la sicurezza e l'arroganza che mi contraddistinguevano: mi materializzai nell'armadio della mia vittima e, senza nemmeno rivolgerle uno sguardo, m'introdussi nei suoi sogni non appena cadde tra le braccia di Morfeo. Solitamente al primo incontro con un nuovo soggetto non interagivo mai, mi limitavo a farmi intravedere ed utilizzavo dei piccoli trucchetti per tastare il terreno. Uno di questi era fare in modo che, non appena la mia essenza corrotta invadeva la visione onirica, la mia vittima si trovasse immediatamente spogliata d'ogni veste, quindi vulnerabile; la sua reazione a questo stratagemma mi dava modo di capire quale fosse il suo livello di pudicizia, di conseguenza capivo quanto il mio compito sarebbe stato arduo o semplice, quanto la ragazza fosse di per se propensa a farsi sedurre. In secondo luogo iniziavo a rivelarmi, ma le mie fattezze erano volutamente indistinte e celate, in maniera che, tentando di identificarmi, la poveretta iniziasse a sfogliare la lista mentale delle persone che conosceva, soprattutto gli uomini che desiderava che fossi, dandomi così accesso ai suoi più intimi desideri...
Essendo quello onirico un mondo situato a metà tra anima, corpo e mente, è praticamente impossibile tentare di spiegare a parole come le cose funzionino al suo interno, in effetti nessuno lo sa veramente; ogni volta che ci si introduce all'interno di un sogno lo si fa a proprio rischio e pericolo, ma i millenni di esperienza hanno portato i viaggiatori onirici a trarre delle conclusioni, se non a sintetizzare dei veri e propri abbozzi di regole. Una di queste, la più importante, è che nessuno può avere accesso direttamente alle informazioni contenute nella mente della persona che sta sognando, a meno che non sia ella stessa ad aprirvi uno spiraglio; è così che io mi aprivo la via nei desideri delle mie vittime, e sulla base di essi costruivo la mia immagine, o meglio, l'immagine del seduttore perfetto per loro, che poi il mio padrone avrebbe utilizzato nella realtà. Prendevo il fisico di quel bel garzone visto uscire dalla bottega tutte le mattine, lo charme del nipote della contessa incontrato le domeniche in chiesa, e lo sguardo di quel criminale furioso che tanto l'aveva turbata... Con tutti questi elementi, che cambiavano di volta in volta, costruivo il mio uomo a cui non si può dire di no, sempre con successo. Sempre, ma non in quell'occasione. Non appena mi trovai di fronte all'eterea figura di Elizabeth, fui io stesso ad espormi completamente, dimenticando il mio compito e facendomi assorbire da lei: la sua pelle era talmente lattea ed il suo atteggiamento talmente pudico da farla sembrare una Madonna dai capelli rossi; quello che mi colpì maggiormente fu il suo sguardo, che nella sua incomparabile bellezza racchiudeva un fascino, non volgare ma inconsapevole e puro, dignitoso ed innocente, uno sguardo che non poteva che farti desiderare di venerare la creatura che lo sprigionava. Di fronte a lei mi sentii semplicemente indegno, ed il senso di colpa per tutte le mie precedenti malefatte mi assalì ad un tratto, potente, inaspettato, reso ancora più veemente dalla lunga repressione. Ella mi vide, mi vide per ciò che realmente ero, ed io caddi in ginocchio davanti a lei e piansi; lei non si spaventò, anzi, piena di misericordia si avvicinò e tentò di consolarmi. Nel mondo onirico la consultazione la mente dei soggetti è una strada a doppio senso, quindi una volta che ebbi abbassato la guardia ella ebbe accesso a tutti i miei pensieri, a tutti i miei sentimenti e ricordi; in quell'istante riuscii a percepire che Elizabeth non era inorridita, non mi stava disprezzando, al contrario, stava soffrendo per me, condivideva il peso delle mie pene, e tutto questo senza una motivazione, lei piangeva per il suo carnefice solamente perché la sua natura la portava a provare pena per qualunque essere sofferente. Questo la rendeva una creatura superiore a qualsiasi altro suo simile, degna dell'intervento divino e demoniaco per assicurarsi il possesso della sua anima. La purezza del suo spirito, infatti, le donava la stupefacente capacità di convertire il prossimo, non ad un culto o ad una corrente di pensiero, semplicemente ad una vita migliore, ed era proprio questo il potere bramato sia dall'Inferno che dal Paradiso, poiché le anime totalmente pure o totalmente malvagie sono una merce rara, ed il loro magnetismo può cambiare le sorti del mondo. Queste, però, possono essere utilizzate da uno dei due schieramenti soltanto se si offrono spontaneamente all'una o all'altra fazione. Dovevo impedirlo, dovevo impedire che Elizabeth diventasse un burattino alla mercé del tiranno YHWH o del fanatico Lucifero.
La commozione ed il pentimento mi avevano tolto il fiato e sconvolto la mente, ma, con enorme sforzo, riuscii ad inviarle un messaggio, una visione di ciò che la aspettava, tentando di salvarla, e non appena lo feci provai la stessa sensazione che avevo sentito quando ero stato gettato dai cieli agli inferi, ma al contrario... fu come se tutto il mio essere evaporasse e schizzasse verso l'alto ad una velocità inimmaginabile; compresi che questa doveva essere quella che veniva chiamata “redenzione di un'anima”, poiché come alcuni possono cadere, altri possono rialzarsi, ma questo non fu il mio caso. Io avevo tradito Inferno e Paradiso, rivelando i piani di entrambi li avevo privati di un'importantissima anima, perciò la mia elevazione si fermò a metà, si fermò nel mondo degli uomini. Rimasi bloccato sulla Terra senza avere un corpo, e la mia anima rimase aggrappata all'unica cosa che mi era familiare e che potevo utilizzare come guscio per evitare di dissolvermi nel nulla, gli armadi. Ho mantenuto la capacità di entrare nei sogni, l'unico modo che ho per interagire con gli esseri umani, nel tentativo di metterli in guardia da ciò che li aspetta, dalle egoistiche seduzioni dei miei vecchi signori. Purtroppo non sempre questo mi riesce, alcuni uomini semplicemente non vogliono o non posso essere salvati, troppo stupidi o troppo succubi delle loro sciocche superstizioni, non riescono a staccarsi dalla loro falsa moralità e dalla concezione deviata che hanno di Dio e Satana. Queste, infatti, sono gli ostacoli che impediscono loro di raggiungere l'unico stato che può salvarli dalla schiavitù: l'indifferenza. L'amore non è mai annullato dall'odio, anzi, l'odio non è altro che l'amore in veste nera; quando rivelo la verità ad un umano, spesso questo si limita a mutare i suoi sentimenti verso l'uno o l'altro giocatore, ma ciò non taglia quel perverso cordone ombelicale che lo lega a loro. Da questo collegamento emotivo essi succhiano l'energia del suo sentimento fino a quando riescono a rubare la totalità del suo essere, la sua anima.
Quei due non sono altro che due bambini che collezionano biglie, e chi ne colleziona di più vince; anche se nessuno ha idea di quando avrà luogo la prossima battaglia, entrambi sanno di aver bisogno di un'enorme quantità di energia per vincere, un tipo di energia che voi miseri umani non conoscete ancora e che spiegate con il concetto di “anima”. Tutta la storia dell'uomo non è altro che un'enorme corsa agli armamenti, e voi non vi potrete salvare fino a che non trancerete questo cordone emotivo che permette ai due guerrafondai di succhiare la vostra energia spirituale, facendo semplicemente finta che non esistano.
Beati gli atei e gli agnostici, ad essi non deve mai essere rivelata la verità, poiché nella loro ignoranza sono gli unici che conservano per se tutta la loro energia, tutta la loro anima, la quale, una volta esaurito il ciclo vitale del suo involucro, migrerà semplicemente rimanendo sulla terra sotto forma di differente. Ebbene sì, la reincarnazione è cosa vera, ma è solamente uno dei metodi con cui l'anima si trasforma dopo la morte, poiché essa potrebbe anche dividersi in parti e convertirsi in altre forme di energia a voi note, come elettricità, vento, calore... Non avevano tutti i torti gli uomini primitivi, quando scorgevano un barlume umano all'interno del lampo, del fuoco e di tutte quelle forze che non sapevano spiegare; è possibile che nella brezza che ti scompiglia i capelli vi sia parte dell'anima di tua madre, che nella saetta che squarcia l'oscurità si celi lo sguardo di tuo padre... Purtroppo, però, traviati dagli inganni di angeli e demoni, gli uomini hanno iniziato ad adorare queste forze come divinità, invece di onorarle come loro antenati, e da questo è nata quella perversa, maledetta macchina chiamata religione; essa è la causa di tutti i vostri mali, la ragione per cui la maggior parte di voi perde la propria anima nel tentativo di salvarla. Se solamente foste in grado di spegnere i vostri sentimenti, di ignorare quei due esseri perversi e smettere così di fare il loro gioco, solo così sareste veramente salvi. Ma io stesso non vi posso biasimare, poiché mi sono guadagnato la libertà solo grazie alla mia precedente natura angelica, una libertà che ho pagato con la solitudine, ma non ho ancora smesso di odiare Dio e Satana per avermi portato via Berenice ed Elizabeth, ed ora, anche tua figlia...».
In quell'esatto istante compresi: compresi di aver condannato mia figlia a morte, la sua morte fisica era stata colpa mia, tutte le porcherie religiose che le avevo inculcato sin dalla sua nascita erano oramai così radicate dentro di lei che una volta trovatasi davanti a questa sconvolgente realtà non le avevano lasciato altra speranza se non il suicidio. Ma compresi che mi ero reso colpevole anche di una morte molto più grave, cioè quella del suo spirito.
«Mi duole dirtelo, ma con il suo suicidio tua figlia ha giocato secondo le regole, quindi ha continuato a far parte della partita. C'è una componente molto importante chiamata libero arbitrio, non è altro che una delle regole del gioco, nemmeno io le conosco tutte... Essi hanno rivelato a voi umani solo una ristrettissima parte di queste regole, e ai loro soldati non molto di più... Se un umano si toglie la vita compie peccato mortale e rivolge un insulto a Dio, perciò la sua anima sarà divorata da Satana... questa la conosci, vero? Avrei dovuto essere molto più prudente con lei, conoscendo il radicamento della sua fede... La sua morte è colpa mia, e ti chiedo perdono...».
Infine compresi un'ultima cosa, stavo sognando.
Mi risvegliai, strappato dal mio sogno non appena ebbi la consapevolezza che di tale si trattava. Naturalmente non trovai nulla nell'armadio di mia figlia, in realtà non so nemmeno perché andai a controllare. Chiamai la polizia e l'ambulanza, osservai il corpo senza vita di Amelia che veniva inserito nella busta nera, risposi alle domande dello sceriffo ed infine fui lasciato solo, solo con il mio senso di colpa e con la mia rabbia.
Sono passati sei mesi dalla mia liberazione, sto facendo dei progressi. Lucius torna a farmi visita nei miei sogni di tanto in tanto, gli lascio scrutare la mia mente e la mia anima, mi faccio analizzare come fosse uno psicologo, proprio lui mi ha messo al corrente dei miei passi avanti: inizialmente avevo scaricato la mia ira verso Dio e Satana, li avevo riforniti di un'enorme quantità di energia, durante quel periodo. Con il passare del tempo, però, il mio odio ed il mio rancore si sono rivolti verso di me. Certo, devo confessare che a volte ho delle ricadute, momenti in cui non faccio altro che bestemmiare il nome di Dio e del Diavolo per avermi coinvolto in questa farsa, poi inizio a pensare che nell'inganno la colpa non è dell'ingannatore ma bensì di chi si fa ingannare, e così riesco a placare il mio risentimento e a ritrovare l'equilibrio.
Purtroppo io sono una semplice batteria, un proiettile dei fucili che le creature che in passato erano state compagne di Lucius, i soldati, dovranno utilizzare nella battaglia, quindi non posso permettermi di unirmi a lui nel sabotaggio del gioco prima di aver soppresso tutte le mie emozioni, passaggio a lui non necessario, vista la sua natura superiore. Non so nemmeno se riuscirò a farlo prima di morire, o quanto tempo mi rimarrà da vivere dopo che ci sarò riuscito, ma in ogni caso anche se non diventerò parte attiva di questo sabotaggio ne sarò parte passiva, se morendo la mia anima non potrà esser rivendicata da nessuno dei due regni. Ad ogni nostro incontro Lucius mi rivela qualche cosa di nuovo, forse i miei progressi lo hanno persuaso a considerarmi un valido compagno e non solamente un misero umano, così ho scoperto che a volte, nonostante un'anima venga risucchiata da una o l'altra fazione, parte di essa riesce a fuggire e ritorna sul mondo, ed in quei rari casi accade che si reincarni in un essere semplice come un piccolo animale o una pianta, oppure che si converta in altra energia.
La natura ha assunto un nuovo volto ai miei occhi. Mi ritrovo spesso ad ascoltare il suono del vento, e a volte mi pare quasi che esso echeggi la risata cristallina di Amelia, altre di sentire una carezza di mia moglie, quando mi passa tra i capelli»
13 «Credo di aver già sentito questa storia...», azzardò egli dopo che Edward ebbe terminato la narrazione. «Non ha importanza, povero caro mio – gli rispose il fantasma - Spero che quando ve ne renderete conto non sarà troppo tardi... Bonne nuit...»; detto ciò si ritirò come in se stesso, ed il suo fuoco fatuo scomparve.
Immediatamente il buio lo fece scivolare nel sonno.
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1 Che alcuni psicofarmaci potessero avere effetto sui sogni egli già lo sapeva, ma un antibiotico? La peculiarità della situazione andava soppesata, si trattava di sogni o di vere e proprie allucinazioni?
2 Lo sconcerto che questo secondo incontro notturno gli aveva lasciato lo spinse finalmente a mettere da parte l'orgoglio e contattare il medico, cosa che tentò di fare lungo tutto l'arco il suo orario di chiamate, invano. Quando, al suono della linea occupata, riattaccò per l'ultima volta, il disagio dello strascico onirico era già scomparso, ed egli si sentì quasi grato verso l'isteria di massa che intasando la linea gli aveva impedito quell'imbarazzante conversazione telefonica. «Soltanto qualche altro giorno, poi la cura terminerà...», disse tra se e se, dopodiché si concentrò sulle nuove mansioni giornaliere, tentando di frapporre più Arte possibile tra un atto di fisica necessità e l'altro. Pareva, invece, che lo stesso non stessero facendo i suoi simili.
3 Dai suoi sparuti contatti digitali col mondo esterno egli non ricavava che brutture, nonostante si fosse sempre adoperato per crearsi una cerchia di persone “degne” anche nello spazio cibernetico. Certamente, la creatività stava vivendo un periodo favorevole, altri come lui approfittavano della quarantena per assecondare la propria ispirazione, ma si trattava pur sempre di artisti o amanti del Bello che portavano avanti il loro credo anche prima dell'epidemia. Ciò che lo rattristava enormemente era la massa informe che continuava a crogiolarsi nella propria informità: non riuscivano nemmeno a rendersi conto che in quella situazione fantascientifica ciò che li stava salvando dalla pazzia era l'Arte stessa; essi si limitavano a succhiare e succhiare dalle mammelle della Signorina Musica, dalle vene del Signor Cinema, senza interrompere la perpetrazione dei loro ingiuriosi giudizi, i quali si erano fatti, invero, ancora più numerosi e superficiali a causa del maggior tempo a disposizione. Prima della quarantena l'Arte era trattata come qualche cosa di scontato, alla stregua di un preservativo da usare per il proprio piacere e gettare immediatamente, ripieno dell'orrendo succo delle loro opinioni, ora, se possibile, la situazione era anche peggiorata. 4 Ogni istante trascorso nella piazza virtuale non faceva che aumentare la sua furia, ma non riusciva ad impedire a se stesso di cadere nella trappola della visione della miseria umana: le risse dei cittadini trasgressori con le forze dell'ordine, gli assalti di ignobili mal vestiti ai supermercati, le volgari trovate che queste miserevoli creature escogitavano per tentare di riempire il vuoto delle loro vite, ora che non potevano anestetizzarne la percezione con gli usuali vizi. Non che si risparmiassero dal dedicarsi a questi, se ne avevano occasione; molte volte incappava in dichiarazioni di individui che si vantavano del loro sprofondare nell'ozio più bieco, interrotto soltanto per ingozzarsi o praticare l'onanismo più sfrenato. 5 Perché, per quale motivo egli s'infuriava così tanto di fronte a questi comportamenti? Il peso del germe di una colpa comune, ecco perché. Ogni giorno egli doveva lottare più duramente per abbandonare il suo caldo giaciglio, per non indugiare troppo di fronte allo schermo, per nutrirsi solo del necessario, per non cadere sotto il richiamo prepotente dell'autoerotismo. Non che fosse un moralista, egli apprezzava e coltivava i piaceri fisici tanto quanto quelli spirituali, ma in quella situazione era molto difficile mantenere un equilibrio tra i due; la smisurata quantità di tempo libero che gli si parava davanti, in costante potenziale aumento, stava allargando le maglie della sua disciplina, e la visione dello scivolare nell'umana miseria non faceva che rimembrargli la sua colpa latente. 6 Sentiva echeggiare dentro di se la risata beffarda del suo ego più profondo, il suo es, al che gli sovvenne che, se i suoi sogni avessero proseguito lo schema che credeva di intravedere, quella notte avrebbe dovuto incontrare lui. Scacciò questi pensieri scuotendo la testa e, con un sorso d'acqua, ingoiò pillola e timori. 7 La visione del lungometraggio serale lo sollevò per qualche ora dal peso dell'angoscia, la quale tornò ad attanagliargli la gola non appena iniziarono i titoli di coda... Decise che avrebbe dormito sul sofà; v'era un che di rassicurante in quella sala, come se l'avere un accesso fisico e visivo a tutte le stanze della casa lo potesse proteggere dalla minaccia di un attacco a sorpresa... Anche se questi ragionamenti lo facevano sentire enormemente sciocco, si godette questo senso di conforto e scivolò immediatamente nel sonno; qui fu piacevolmente turbato da incontri licenziosi, o per meglio dire, tentativi di incontri licenziosi; questi avevano luogo con la sua musa, con la protagonista della pellicola appena visionata, e con una misteriosa ragazza dai lineamenti indefiniti ed i capelli dorati: nel sogno ad ogni tentativo d'approccio qualche cosa veniva a disturbarlo, fino a che, giunto vicino al successo, si svegliò. Si sentiva come avesse dormito un secolo, perciò controllò l'orario, effettivamente poche ore lo separavano dall'alba, la maggior parte della notte era trascorsa, sicché, rassicurato, egli decise di ritornare in camera da letto. 8 Memore della topografia della sua abitazione si fece strada nel buio per non offendere gli occhi sonnolenti con la nuda luce, e, una volta raggiunta l'alcova, un rantolo immondo lo atterrì: «Un vero peccato, dannazione!»; egli non riuscì a trattenere un gemito e si fiondò sul lume.
9Esso si trovava là, accartocciato sulla sedia nell'angolo più buio della stanza. Pareva che anche la luce stessa si rifiutasse di toccarlo, tanto indegna era la sua natura, e soltanto i suoi occhi vacui brillavano nell'oscurità, occhi di morto, scolpiti nel ghiaccio della Giudecca. Atterrito, egli assistette impotente all'apparizione di quel teschio ghignante, con le sue movenze oscene, mentre, trascinandosi dietro la sedia ed accomodandosi di fronte al letto, proseguiva nel suo sproloquio:
10 «Ci saremmo potuti divertire parecchio, io te e quelle due...»
«F...f...»
«Cristo, non ti facevo così pusillanime! “Pusillanime”, senti un po' che termine ricercato, alla faccia tua, Edward il gran poeta! F- f -f … Freak, sono io, cacasotto!»
«Temevo che saresti arrivato... Ormai credevo di essere al sicuro, ma...»
«Al sicuro? Tu non sarai mai al sicuro da te stesso, non fino a che continuerai a fartela con quei due, perlomeno... Chi credi sia stato ad interrompere il nostro ménage a quatre? Merda, ora anche il francese, sono un Dio!»
«Sei qui per raccontarmi una storia, vero?»
«Una storia? Veramente io sarei venuto per terminare quello che avevamo iniziato, coraggio, prova a chiamare la tua amante, magari vuole unirsi a noi telefonicamente, sai, mi attizza un sacco quella... come si chiama? Ah, sì...»
«Non osare pronunciare il suo nome!»
«Ullallà, non mi dirai che si sta facendo una cosa seria, eh? Per questo motivo ultimamente stai dando così tanto corda a quel piccolo poeta mentecatto, per questo mi stai reprimendo come un cristianello in pubertà?»
«Non sono affari tuoi. Ora vattene, ti prego...»
12 «Quindi non c'è verso che... insomma, che terminiamo quello che abbiamo iniziato?», chiese il bruto mimando un gesto osceno. A quelle parole egli sentì montare la furia, la stessa frustrazione generata dalla consapevolezza che ciò che esso gli stava chiedendo era esattamente quello che aveva desiderato di fare dopo il suo deludente risveglio; per quanto potesse sforzarsi a reprimerlo, alla fine il suo es vinceva sempre, se non fisicamente perlomeno moralmente, insinuandosi nella sua volontà. «Vattene!», sbottò furioso, il che per un istante parve scalfire la sicurezza della bête noire, che rispose risentita: «E va bene, stai calmo, se proprio non ne vuoi sapere... Comunque anch'io so raccontare storie, cosa credi, che sia stupido? Ne ho una proprio perfetta, me l'hanno raccontata l'altro giorno, magari ti farà cambiare idea...». Egli stava per ribattere nuovamente, ma il seduttore fu scaltro nel precederlo...
[CONTINUA]
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