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  • Immagine del redattoreEdward Janine

O - SPERSONALIZZAZIONE

Aggiornamento: 30 dic 2022

Nel ventesimo anno del ventunesimo secolo, un'epidemia scoppiò, e tutto divenne altro.

Un artista in confinamento, un farmaco enigmatico dagli effetti collaterali più spaventosi...


*


1 Molte volte egli aveva riflettuto intorno alla Morte.

Era oramai un concetto familiare, con il quale aveva stretto innumerevoli patti artistici, e non solo. Certamente la Morte andava combattuta, con la sua ineluttabilità, attraverso l'Arte, l'atto creativo supremo che consegna l'esecutore all'eternità, ma era vero anche che questo passaggio ad un regno altro, la cessazione della linea esistenziale, era un pensiero di caldo conforto: qualsiasi cosa accadesse, egli avrebbe potuto abbandonare una vita che si era fatta troppo pesante da sostenere... Oh, quale immenso, solido pilastro era per lui la Morte! Spinta alla vita, alla creazione, estremo rifugio, la Sua mano scheletrica accarezzava le tempie affannate sciogliendone le angosce. Con questa certezza egli si apprestava ad entrare nel ventesimo anno del ventunesimo secolo, quando l'epidemia scoppiò, e tutto divenne altro.

2 Confinato nella sua abitazione, egli assistette alla presa di coscienza degli esseri non pensanti circa la propria mortalità. Questi individui, simili a lui soltanto geneticamente, erano riusciti per tutta la vita ad ignorare il memento mori attraverso espedienti ferini e vanesi, ed ora, costretti a confrontarsi con esso, stavano cadendo nel panico assoluto, inermi, impreparati, indegni. Il miserevole spettacolo gli causò un iniziale disgusto che mutò lentamente in melanconica pena, quasi si stesse facendo carico dell'angoscia di chi non aveva mai intavolato una discussione mentale con la Triste Mietitrice. 3 Lo spirito di vaga superiorità che ne scaturì lo accompagnò durante il primo periodo indefinito di solitudine assoluta imposto dalla chiusura forzata. Egli era forte delle sue certezze, pronto a dedicarsi tutto e solo alla sua Signora, l'Arte. Il bagaglio di mansioni artistiche in sospeso era immenso, una moltitudine di opere si agitavano nella sua ghiandola pineale e non attendevano altro che del tempo da dedicar loro. La liberazione dal giogo dei doveri sociali irruppe nella sua vita come una ventata di ossigeno puro, ed i primi giorni di quarantena si rivelarono forieri di opere inattese, figlie di un'Arte che non era la sua; egli si ritrovò a riallacciare relazioni obliate con penne ed inchiostri, mine e colori, in una serie di creazioni pregne d'impeto. 4 Arrivò addirittura al punto di esporle sull'odiata piazza virtuale, con il pretesto di poter essere d'ispirazione ad altri; ma in fondo egli sapeva che non si trattava altro che di una sorta di vendetta, il suo esibizionismo beffardo era rivolto a coloro i quali, con le loro molestie sociali, lo avevano tenuto lontano per anni dalla vera Arte, ed ora sguazzavano disoccupati e annoiati nel tetro grigiore delle loro vite prive d'ogni significato. Finalmente era arrivato il tempo della rivalsa, la quarantena aveva sanato la spaccatura tra vita sociale ed artistica, mutandolo da sofferente a gaudente, elevandolo al di sopra di coloro che per anni avevano deriso la sua filosofia. O perlomeno, questo era ciò che credeva. 5 Con il trascorrere dei giorni, infatti, il suo sogno d'isolamento artistico si tramutò nell'ennesimo paradosso, ed egli si ritrovò a vivere nuovamente due esistenze parallele: da una parte la vita creativa, cadenzata soltanto dal ritmo della sua ispirazione che si snodava tra disegno, musica e letture. Dall'altra la vita reale, con le sue limitazioni, causate dai continui decreti sempre più restrittivi, una maglia burocratica che lo soffocava, scandita dal susseguirsi di pasti, detersioni e sonno. La vecchia spaccatura tra due esistenze apparentemente inconciliabili tornò a bruciare dentro di lui, creando galassie emotive che parevano due universi opposti. Se qualcuno avesse potuto esplorare questi mondi interiori avrebbe faticato a credere che fossero parte di un'unica persona, e durante quelle settimane surreali la distanza che intercorreva tra le due si fece ancora maggiore, la differenza più marcata. 6 Ma l'Arte era ancora il suo rifugio, fintantoché fosse fluita incorrotta egli sarebbe stato salvo da ogni turbamento... Ennesima certezza fasulla, purtroppo. Innegabile era che una nutrita serie di opere “minori” fosse scaturita dalle sue mani in quei giorni, ma la Letteratura, sua diletta, era stata trascurata in maniera preoccupante; v'era l'ombra di una macroidea che si agitava nel suo cranio ma non voleva prender forma concreta, sicché, istruito da esperienze passate, egli cercò di non forzarne l'emersione e si limitò ad accarezzarla a lungo, invano. 7 Come non bastasse, anche nell'Arte sorse un dubbio, innescato dai soggetti delle opere realizzate, o per meglio dire, dal soggetto: ecco che, in questo sprofondar nella Morte, proprio nell'istante in cui egli s'accomodava tutto all'ombra del Suo manto, era l'Amore a sorgere prepotentemente nei concetti espressi, o addirittura nell'immagine della sua attuale musa. In un primo momento non se ne preoccupò eccessivamente, dopotutto non si trattava d'altro che del normale corso della sua ben controllata “infatuazione artistica”. Questo era il nome che aveva dato al processo con cui riusciva a mantenere un rapporto con l'ignoto dolce sentimento senza farsene sopraffare. Da anni, infatti, egli aveva deciso che nessuna opera sarebbe più valsa la sofferenza di un cuore spezzato, ma non poteva negare che ciò che aveva creato sotto l'influenza del rosso liquore toccava vette difficilmente raggiungibili altrimenti; proprio per questo motivo aveva ideato un metodo apparentemente infallibile. Era sufficiente trovare il soggetto adatto, qualcuno che sapeva lo avrebbe attratto terribilmente, e limitarsi a crogiolarsi in queste acque basse del sentimento, un territorio neutrale in cui egli poteva lasciarsi andare ad una sorta di “teatro reale” dell'Amore, una recita per nulla fasulla, un vero e proprio ossimoro emotivo, dal quale avrebbe potuto ritirarsi facilmente in caso di rischio. La sofferenza non era contemplata, tutto piacere, tutta ispirazione, nessun impegno, nessun danno. Così dalla sua amante, intesa nell'accezione più ampia del termine, egli traeva dell'ottimo materiale da consegnare alla sua unica vera Signora, l'Arte. Ma cos'era, ora, quella sorta di strascico che andava ben oltre l'atto creativo, quel continuo indugiare dei suoi pensieri sul soggetto delle opere, che lo sgomentava almeno quanto la mortalità stava sconvolgendo i suoi simili?

8 Solo, rinchiuso in quel periodo buio dal quale egli pensava avrebbe tratto il massimo giovamento, la sua emotività si era forse espansa a tal punto da ingannare i suoi stessi sensi? Era possibile. Era forse arrivato a quel punto della “commedia reale” in cui avrebbe dovuto staccare la spina all'ingranaggio ispiratore, rendersi conto che l'auto-suggestione sentimentale lo aveva spinto ben oltre il punto di non ritorno? Altrettanto possibile. Ma come fare per capirlo, come scoprire se, in realtà, questo attaccamento non fosse dovuto semplicemente alla peculiare situazione d'isolamento, la quale superava oramai i suoi naturali bisogni di solitudine?

9 Egli si rese conto di non avere strumenti per farlo. Annegava in un oceano di sgomento ed interrogativi senza un appiglio, perciò iniziò a cercarne uno nella certezza del suo rifugio, la Morte. A poco a poco ripercorse le tortuose vie cerebrali che lo avevano condotto allo stato di conforto necrofilo, a partire dalla sua acuta ipocondria. Molte volte si era ritrovato insonne, nel buio, a riflettere sulla natura di una persistente fitta al petto, di una strana e dolorosa formazione sferica nella sua gamba, immaginando, quasi sognando, il momento in cui il medico gli avrebbe rivelato di avere soltanto pochi mesi di vita... Sollievo, ecco cosa aveva provato in quei frangenti, sollievo dall'angoscia di un'esistenza che sarebbe altrimenti proseguita nell'ignoto. Il fatto di avere una scadenza, un giorno specifico entro il quale sistemare le sue cose terrene, gli donava un'energia inaspettata, sensazione che si era acuita dopo essersi recentemente sgravato su carta di ciò che considerava la summa della sua Arte, il suo vero testamento, ed averlo consegnato alle cure di un editore. Nulla lo tratteneva più in questa dimensione. 10 Egli tentò quindi di ripercorrere queste vie oniriche alla ricerca dell'Amore, non più della Morte, per sperimentare gli effetti chiarificativi che questo incontro avrebbe avuto su di lui, ed i risultati che ottenne furono a dir poco allarmanti. Come uno scienziato terrorizzato dal responso del suo esperimento, egli lo ripeté più e più volte fino a che, durante l'ennesima notte insonne, si arrese al mezzo estremo: eccolo estrarre una vecchia agenda, sguainare la penna, e riversare nero su bianco questo mare di dubbi, convinto che la loro inchiostrazione ne avrebbe finalmente chiarito la veridicità. Eccolo anche esitare nello scrivere alcune cose, nel timore che questo processo le avrebbe potute trasformare in realtà. 11 A che pro, invero, compiere tutto ciò in quello stato emotivo che certamente ne corrompeva la validità? I suoi pensieri ed i suoi scritti erano falsati da un picco di sentimento che avrebbe potuto essere legittimamente ricondotto alle condizioni straordinarie di quel periodo, non certo a... all'Amore... O era forse questo stesso ragionamento frutto del contrattacco che il tiranno reazionario della sua mente aveva messo in atto per proteggerlo?

13 All'alba del ventesimo anno del ventunesimo secolo, mentre il mondo si trovava a fare i conti col concetto di Morte, egli si ritrovò a fare lo stesso con quello di Amore, mentre tutte le sue certezze artistiche venivano sbriciolate dalla paralisi sociale della pandemia.


**


1 Un nuovo cruccio più concreto andò ad aggiungersi alle cause del suo turbamento: doveva egli iniziare proprio in quei giorni una cura antibiotica, medicinali con i quali non aveva alcuna confidenza; si scatenò perciò quel timore indefinito che lo prendeva ogni qualvolta si ritrovava ad aver a che fare con l'assunzione di sostanze chimiche. 2 La fretta con la quale il suo ignobile medico, pavidamente trincerato dietro mascherina e scrivania, gli aveva strappato la prescrizione, aveva fatto scaturire in lui il sospetto che le terrificanti pillole potessero non essere adatte al suo organismo affetto da svariate allergie ed intolleranze. Erano anni che non assumeva un antibiotico, e quegli enormi confetti bianchi apparivano ai suoi occhi come dei proiettili farmaceutici che lo avrebbero condotto direttamente in ospedale... Ed in tal caso? Una reazione allergica, di quale entità avrebbe dovuto essere per passare avanti alle priorità distorte dall'epidemia? Quanto tempo avrebbe dovuto trascorrere in quella stanza di pronto soccorso, circondato da malati potenzialmente infetti? Certo, coloro i quali presentavano i sintomi del celebre morbo erano accolti in una struttura differente, ma chi poteva sapere, chi? 3 Non era certo la paura della Morte il combustibile che alimentava questo timore, bensì il presagio dello schiacciante senso di colpa che lo avrebbe colpito insieme alla malattia, la preoccupazione e le tribolazioni arrecate ai genitori, ai suoi cari, a... lei..?

4 Tali erano i pensieri che gli affollavano la mente mentre cercava qualche indizio nel foglietto illustrativo, una vera e propria mappa del tesoro per un ipocondriaco, con quella sequela di nomi e geroglifici chimici, la sensibilità verso le quali lo avrebbe ucciso o peggio, reso terribilmente infermo. Riuscì ad attraversare la selva delle sillabe scientifiche soltanto per sprofondare nella melma degli effetti collaterali: non v'era ignoranza che potesse proteggerlo, lì, egli comprendeva benissimo il significato d'ogni purulenta parola, sanguinolento sintomo, fatale informazione; poco contavano i tentativi dei rassicuranti “in casi sporadici”, o dei “molto raramente”, egli si gustò sadicamente ogni termine stampato, immaginandosi affetto da ogni piaga letta. 5 Arrivato al termine della via crucis sintomatica si ritrovò spiazzato ad osservare un termine solitario, stampato con un carattere differente dagli altri, quasi fosse stato aggiunto solo in seguito alla stampa del bugiardino: “SPERSONALIZZAZIONE”.

6 Immediatamente andò a ricercarne la definizione scientifica, verificando con preoccupazione che esso era utilizzato principalmente per indicare un disturbo in campo psicologico, ma non lo trovò mai associato agli effetti collaterali di un medicinale in commercio. Anche consultando le informazioni riguardanti lo specifico farmaco non riuscì a ritrovare un riscontro digitale di ciò che era stampato in malo modo sul foglio che stringeva in mano; fu così che il primo giorno in cui avrebbe dovuto assumere l'antibiotico divenne quello in cui decise di astenersene. 7Siamo spiacenti ma tutti i nostri operatori sono occupati a causa della mole straordinaria di chiamate dovuta all'emergenza C...”, così si risolse il tentativo di contattare la casa farmaceutica il mattino seguente. Riattaccò il telefono con un gesto di stizza e per qualche istante valutò il da farsi: inviare posta elettronica sarebbe stato inutile, richiamare il dottore, se di dottore si poteva parlare, un vero suicidio per il suo amor proprio, che cosa gli avrebbe detto, che aveva letto il foglio illustrativo e temeva di assumere il medicinale che gli aveva prescritto? L'ipocondria era forte, ma il suo orgoglio lo era di più. Oltretutto i sintomi che avevano richiesto l'intervento del farmaco, ovviamente, persistevano, ed improvvisamente si rese conto che se non si fosse curato in fretta sarebbe finito comunque nell'inferno ambulatoriale, quindi infine si risolse per accantonare le ansie ed ingoiare il rospo, oltre alla temuta pillola; le numerose ore che lo separavano dal momento prescritto per l'assunzione avrebbero potuto mutare nuovamente la sua idea a riguardo, ma questo era un rischio a cui era più avvezzo.

8 Ogni sera, alle 20.00 precise, il campanile dell'orribile chiesa che si ergeva accanto alla sua abitazione gracchiava la registrazione di una melodia malamente scampanata; le usuali simulazioni di rintocchi erano riprodotte ogni mezz'ora, ma quella litania era qualche cosa di diverso, un vero e proprio motivo musicale che faceva ululare i cani del quartiere per degli interminabili minuti. Questi temi variavano ciclicamente, oramai egli li aveva conosciuti tutte, tranne quella che qualche disgraziato aveva scelto per quel periodo infausto; pareva una vera e propria marcia funebre, mentre tutto il paese stava lottando per tenere alto lo spirito, quella serie di note non faceva altro che sottolineare lo stato di cordoglio generale. 9 Nonostante la sua liaison con la Morte gli facesse gradire tutto ciò che era macabro, egli trovò questa scelta a dir poco sconveniente, fastidiosa quasi come l'ipocrita ostentazione di diavoli e cadaveri durante il periodo di Ognissanti, quando durante il resto dell'anno erano considerate immagini improprie. 10 Certo, la chiesa, anzi, tutte le chiese si erano rivelate a dir poco patetiche di fronte all'epidemia, l'immagine del capo del cattolicesimo affacciato sul balcone di un piazzale deserto lo aveva colpito profondamente; era in realtà l'espressione di profonda rassegnazione sul volto del santo padre che aveva rapito la sua attenzione, come le sue continue, vane, preghiere verso l'Onnipotente affinché facesse cessare la pestilenza. Il religioso aveva da sempre utilizzato la preghiera come soluzione a macro-problemi come la fame nel mondo ed il terrorismo, ma in quei casi le sacre formule erano sempre state recitate con una convinzione, o una dissimulazione tali da rientrare nella normalità del mestiere. Non questa volta. Sembrava che anch'egli si fosse rassegnato di fronte all'impotenza della sua grande organizzazione spirituale, quasi si vergognasse di protrarre quell'inutile messinscena mentre centinaia di persone stavano perdendo la vita per un fatto del tutto straordinario e per nulla sovrannaturale. 11 D'altro canto era vero anche che ministri di levatura minore stavano riuscendo a donare del conforto ai credenti, i quali probabilmente non riuscivano ad intravedere questa espressione sul volto del santo padre, o avevano più successo di lui nell'ignorarla. Calmato il suo spirito anticlericale egli cercò di mettersi nei panni di chi, a differenza sua, non aveva l'Arte come rifugio spirituale di fronte ad una situazione di proporzioni, a ben dire, bibliche, ed ancora una volta si chiese se la sua devozione fosse poi così differente da quella dei normali teisti... Lo era, senza dubbio alcuno, anche se la funzione di Arte e culto erano pressoché identiche. 12 Ad un tratto si ritrovò a chiedersi se anche i devoti dell'altra specie si sentissero così turbati dalla cadenza di quelle note sinistre. 13 E scordò completamente di assumere il medicinale.


***


1 Era, durante i primi giorni di quarantena, il tempo atmosferico molto piacevole, in netto contrasto con la drammatica situazione. La Primavera era esplosa rigogliosamente, quasi come la Natura volesse deridere l'uomo suo aguzzino biologico, martoriato ora egli stesso da un inarrestabile ed incurante virus. Da qualche anno, però, l'incostante Dio Meteo si divertiva a far inferire dal suo Inverno un beffardo colpo di coda, che anche in quel periodo non si fece attendere: un'ondata di violento e gelido vento Siberiano iniziò a soffiare sul continente, portando con se l'oramai consueto ritorno della neve ed il calo delle temperature. 2 Egli ne fu immensamente lieto. l'Inverno era diventato per lui sinonimo di spiritualità, caldi beveraggi purificatori di mente ed anima, aumento dell'eco positiva che il ritiro tra mura domestiche aveva sulla sua creatività; in quel frangente avrebbe potuto godersi appieno questo prolungamento della stagione rigida, essendo confinato in casa ad ìnterim. 3 V'era però, in quella condizione, qualche cosa che lo turbava in maniera vaga, proprio come le campane, senza un motivo ben preciso: l'ululato del vento, insistente, feroce, generava in lui un senso d'inquietudine perenne che andava a disturbare la sua concentrazione. Per tutto il giorno questo lieve peso, quasi impercettibile, indugiò sul suo petto, rendendo ancora più difficoltosa l'assunzione del farmaco, arrivata la sera. 4 Un oscuro presagio si nascondeva tra le pieghe di quel suono atavico, udito prima di lui da tutto il genere umano; ancora una volta egli attribuì la colpa di questo sentore alla sua novella emotività iper-sensibilizzata, e così riuscì finalmente a deglutire la pallottola antibiotica, rimanendo poi per qualche istante in ascolto. Verso cosa si stavano protendendo i suoi sensi? Veramente egli non sapeva quale risposta confessare, si sarebbe sentito più pazzo nell'attesa di percepire qualche effetto collaterale oppure di udire qualche infausta parola trasportata dal vento? Nessuna di queste due arrivò, perciò si ritirò, portandosi questo strascico d'inquietudine che era convinto gli avrebbe tolto il sonno.

5 Così non fu. Non in un primo momento, perlomeno.

6 Non seppe mai se fu lo sbattere dell'imposta dimenticata aperta oppure il suono proveniente dallo studio, a destarlo. In un primo momento egli credette che quest'ultimo non fosse altro che l'eco del sonoro di qualche pellicola onirica che il suo cervello stava proiettando, quando il vento aveva aggredito la sua finestra svegliandolo. A malincuore abbandonò il caldo giaciglio, maledicendo la sua distrazione, e, prima di tornare in camera, indugiò per qualche istante di fronte la porta dello studio. La sua era una casa molto vecchia, suoni di qualsiasi tipo l'avevano svegliato nel cuore della notte, perché congelarsi ulteriormente le membra per controllare l'origine di qualcosa che non era nemmeno sicuro di aver udito? Perché no? 7 Aprì lentamente la porta e gettò uno sguardo all'interno, tutto in ordine: il tavolo, lo scrittoio, la poltrona che aveva recentemente trasportato per potersi concedere il piacere della lettura nella sua stanza favorita, gli scaffali... i libri... Ecco il colpevole. La sagoma di un libro caduto a terra avrebbe dovuto acquietare il suo spirito indagatore, ma ancora una volta si ritrovò spinto nelle sue azioni da quel perpetuo turbamento, accese un lume e raccolse il fuggiasco: “Il Rosso e il Nero”, di Stendhal. A fatica lo ripose nel suo giaciglio, non stupendosi affatto di come quell'oggetto inanimato avesse potuto compiere il tuffo suicida, doveva decidersi a sistemare la sua biblioteca. 8 «Chiedo venia, deve essermi caduto mentre prendevo questo...», disse una voce dall'oscurità, «Cristo!», esclamò egli gettandosi sull'interruttore in una scossa di terrore puro. 9 La stanza s'illuminò. Seduta sulla sua poltrona, con un libro in grembo, stava una donna.

«“Ed Egli creò l'uomo a Sua immagine; a Sua immagine Egli lo creò”, un grande affare, non c'è che dire...», disse lei chiudendo la Bibbia tra le sue falangi artigliate. Ella era molto attraente, sulla trentina, abbigliata e truccata in maniera piuttosto provocante, ma non volgare. Era innata in lei una certa eleganza, per qualche istante lo fissò passando le dita affusolate sulla montatura degli occhiali, custodi di occhi cerulei di una fredda bellezza. Con l'altra mano rullava distrattamente le unghie sulla copertina rigida del testo sacro, artigli smaltati di un rosso sfacciato come il tono dei suoi lunghi capelli raccolti in un metodico chignon. 10 La visione lo lasciò interdetto. La sorpresa di trovare qualcuno in casa sua nel mezzo della notte stava lottando con una prepotente sensazione di familiarità che quella donna aveva scatenato il lui. Ne era, invero, vagamente attratto, ma era un'attrazione malsana, come se si fosse trattato di qualche cosa d'incestuoso. Chi gli ricordava, costei, forse qualche sua parente dimenticata? Soltanto dopo un suo vago gesto d'impazienza egli riuscì a formulare una frase: «Chi è lei? Com'è entrata in casa mia?». 11 «Oh, suvvia, risparmiamo i convenevoli – gli rispose roteando gli occhi – Sai benissimo chi sono, sono il tuo avvocato...», uno sprazzo di folle lucidità gli fece balbettare:

«J...Janine?»

«Grazie, ti ricordi il mio nome, credevo di essere diventata la signorina “J Puntata”...»

«Sto sognando... Sto sognando, vero?»

«Non ha importanza che tu stia sognando o meno, devi soltanto prestarmi ascolto...»

«Tu sei reale?»

«Potrei farti la stessa domanda, ma me ne astengo perché violerei i termini contrattuali... Allora, ti stai godendo la quarantena, sei ancora a caccia delle idee più inutili? Mi sono sempre chiesta come sia possibile che tu riesca ad essere così ricco d'inventiva ma povero nelle scelte... Come sai percorrere la via sbagliata, ogni volta a rincorrere delle chimere e rifuggire la popolarità come fosse un morbo... scusa la scelta del termine... Ma ora, chiuso tra le tue amate mura, avresti tutto il tempo di sfruttare la situazione a tuo vantaggio, invece cosa produci? Il solito vecchiume invendibile...»

«Allora sei proprio tu...»

«La sola ed inimitabile, l'unica che ti difende anche se non presti mai attenzione ai suoi consigli... Ma questa notte non andrà così, questa notte dovrai ascoltarmi... Siediti, su!»

12 Così dicendo, Janine si alzò dalla poltrona, e gli fece gesto di accomodarsi. Imbarazzato, egli esitò: «Ma, veramente... tu sei una... ed io sono un... dovrei lasciarti il posto a...», il che la fece voltare di scatto con un'espressione d'ilare incredulità sul volto: «Stai scherzando? - mormorò col suo tono più cavernoso - Siediti, e sturati le orecchie...». Egli le obbedì, percependo un brivido lungo la spina dorsale, nonché uno strano formicolio all'inguine: quella donna, quella cosa, lo metteva in soggezione, vagava per la stanza con una rigida andatura militaresca, ma di tanto in tanto i suoi movimenti diventavano sconnessi, come quelli di una marionetta assemblata male. Mentre la osservava avvicinarsi all'interruttore, si affondò le unghie nel dorso delle mani, si morse la lingua, tentò in ogni maniera di risvegliarsi da quell'assurdo sogno, invano; il senso di paura crebbe inspiegabilmente fino a quando ella spense la luce, e durante quel frangente di oscurità egli intravide il riflesso dei suoi occhi, ed erano gli occhi di un lupo. Janine accese un lume e l'impressione scomparve; anche il tono della sua voce tornò all'usuale cantilena: «Ti ho mai raccontato la storia di Ked? O, per meglio dire, la storia del piccolo Toby... Lui sì che ha saputo cogliere il meglio dalla vita, dovresti prendere esempio... »


[CONTINUA]

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